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Finora in Svizzera abbiamo un tasso di autosufficienza di quasi il 60%. La crisi legata al coronavirus rivela quanto sia importante un elevato grado di autonomia alimentare del paese e bisognerebbe poter mantenere almeno questo livello
Il Ticino, con le attuali abitudini alimentare, avrebbe una autosufficienza alimentare per meno di 40-50 mila persone su 355 mila abitanti; cioè per meno del 15% della popolazione (solo 1 persona su sette mangerebbe) con ciò che produrrebbe l’agricoltura.
La Svizzera ha troppa poca terra per essere autosufficiente. Lo afferma il direttore dell'Ufficio federale dell'agricoltura (UFAG), Christian Hofer, in un'intervista pubblicata il 18.05.2020 dalla "Neue Zürcher Zeitung", aggiungendo che «saremo sempre dipendenti dall'estero».
"Coltivare non è - se non in piccola parte - una questione pratica, è soprattutto percezione della propria presenza nella Natura. Qualsiasi animale selvatico sa come agire per procurarsi il cibo. Quando entri nell'orto fai un bel respiro e aspetta di esserci, poi farai spontaneamente tutto ciò che serve. Stacca la mente"
Gian Carlo Cappello autore del libro "La civiltà dell'orto.La coltivazione elementare"
La striscia di terreno coltivato è di circa 4 m di larghezza (partendo dal muro) per una lunghezza massima di 100 metri. Restano dunque ancora circa tre metri fra il limite sud della parcella e le auto; fra di loro vi sono inoltre gli alberi che fungono da separazione.
La gestione di uno spazio verde semi abbandonato, un cosìdetto "terreno di nessuno" e non qualitativamente interessante dal profilo turistico, su un terreno per niente interessante dal punto di vista produttivo. La sfida è dimostrare come sia possibile rigenerare un terreno in queste condizioni senza prodotti chimico-sintetici e senza irrigazione artificiale (solo con l’acqua caduta dal cielo).
Permettere il riciclo di ramaglie verdi tritate/cippate (rami max. 7 cm di diametro) dei parchi cittadini a costo zero (nessun costo di smaltimento per la Città di Locarno); esse vengono semplicemente depositate e sparse per uno spessore iniziale di 20 cm sul luogo della futura coltivazione nell’autunno 2017 (l’ideale sarebbe verso fine settembre-inizio ottobre). Rigenerata ogni anno con altri 10 cm di ramaglia fresca tritata; nessun costo di smaltimento per la Città di Locarno.
Tutta l’erba falciata dai giardinieri della restante parcella e durante tutto il 2018, 2019 e 2020 (corrispondente alla striscia dietro la fila di piante lungo i parcheggi accanto al muro che separa la strada e che dalla galleria porta alla rotonda di Piazza castello) viene lasciata sul posto e usata per pacciamare le colture previste; nessun costo di smaltimento e trasporto per la Città di Locarno.
La sperimentazione prevede una coltura bio e senz’acqua, se non quella piovana. Si autoprodurranno le sementi per l’anno successivo, ciò permetterebbe alla piante e verdure di sopportare queste condizioni estreme e rafforzarsi.
La storia di questo cavolo-cappuccio, o del broccolo raccolto sabato, andrebbe raccontata in classe: è stato coltivato in un terreno povero e abbandonato e ha ridotto i costi di gestione del lavoro degli operai comunali, che hanno potuto occuparsi d'altro. Il pezzo di terra è stato pacciamato con trucioli e ramaglie fresche della città, evitando così costi di smaltimento. Lo hanno piantato i ragazzi della scuola speciale, del SeMo e un gruppo di volontari del quartiere. Non è stato necessario il diserbo e nessun prodotto chimico. Durante la crescita, grazie alla pacciamatura, non si è mai annaffiato. Perciò: a km 0, bio, senza spreco di acqua, luogo di incontro e di scambio.
Nel caso del broccolo, cresciuto e raccolto, se ne è potuto mangiare il 70%, mentre per quello industriale ne arriva nel piatto poco più del 20%.
Si dovevano raccogliere solo delle zucchine, ma per finire si sono raccolte anche patate e si è preparato il terreno per i fagioli nani.
Pierluigi Zanchi che conduce l'esperimento di corto urbano ha calcolato che dal 27 febbraio ad oggi 2 giugno 2020 si sono raccolte più di 110 Kg di verdure così ripartite:
Per quanto concerne le patate, si è raggiunto il 40% del raccolto dell'anno scorso. Ciò quivale all'autosufficienza calorica alimentare per quasi 17 giorni.
Cosa significa “non fare” in agricoltura? E come può un orto lasciato a se stesso rendere a tal punto da avere tutto il cibo di cui si ha bisogno? Gian Carlo Cappello, agrotecnico con decenni di esperienza sulle spalle, ci spiega questa apparente contraddizione in un libro che è a metà tra un manuale agricolo e una riflessione sulla società di oggi.
Gian Carlo Cappello é l'autore del libro "La Civiltà dell'Orto- La coltivazione elementare"
Gian Carlo Cappello é venuto a visitare l'orto sperimentale e con Pierluigi Zanchi hanno offerto spiegazioni e risposte sull'orticultura elementare e la permacultura
Dario Gagliardi e Gioele Martinoli dell'Ecru Team hanno graffittato la parete interna che porta alla mensa nell'edificio della SPAI di Locarno, ispirandosi sul verde e gli orti urbani
"Imparerai più nei boschi che sui libri; gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà"
San Bernardo da Chiaravalle.
Tratto dal libro "La Civiltà dell'Orto - L'orto Naturale di Angera, ad esempio" di Gian Carlo Cappello
Il bellissimo bruco della farfalla Macaone (papillio machaon)
Il bruco è uno degli ospiti del nostro orto. Quando diventerà farfalla, una delle più grandi della sua specie (può arrivare a 10 cm di apertura alare), è facilmente riconoscibile per i colori intensi delle sue ali, ma è abbastanza rara da vedere anche perché, nello stadio adulto, vive solo per circa due settimane (qua sotto la farfalla)
“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.”
(Lao Tze)
Gli orti insegnano la storia, la geografia, la chimica.
Insegnano la pazienza, l'attesa, il senso del limite, la possibilità del fallimento. Insegnano la gioia e la responsabilità di occuparsi di un vivente.
Solo oggi 19 settembre si sono raccolti 15Kg di verdure!
Ecco alcuni dati delle rese parziali 2020 dell'orto
Pierluigi Zanchi ha fatto analizzare il suolo dopo 3 anni di coltivazione elementare ed ecco gli strabilianti risultati
La SPAI Locarno da ormai più di sette anni offre agli
apprendisti tutta una serie di attività che hanno lo scopo di approfondire e completare il programma della griglia oraria.
Con il tempo le proposte hanno assunto una forma ben strutturata a cui la scuola ha dato il nome di "La scuola al centro del villaggio", nome che ha in sé già la filosofia che lo sorregge, si
auspica una scuola che oltre trasmettere il sapere, sia capace di aprire mondi
Da aprile 2017, all'interno del giardino della SPAI , si sta coltivando un orto in collaborazione con le associazioni di quartiere Rusca-Saleggi e Campagna, gestito soprattutto da persone esterne, che abitano i quartieri, da migranti e come una funzione educativa e formativa da docenti e apprendisti. ). L’ “Orto Scuola/Quartiere” è un progetto educativo che à nato dalla creativa sollecitazione del docente Lorenzo Scascighini, con l’intento di realizzare degli orti sul terreno scolastico, permettendo agli abitanti dei due quartieri di partecipare alla coltivazione e agli studenti di avvicinarsi concretamente al tema “sostenibilità e ambiente”.
Abbiamo chiesto al Municipio di Locarno il permesso di utilizzare una parcella prativa, incolta e inutilizzata, di circa 100 m2 (circa 20 metri lineari x 4 m) per la sperimentazione del “Progetto MAIS”.